L’ideazione e la realizzazione dell’opera
Da tempo mi frullava in testa l’idea di realizzare un lavoro di grandi dimensioni, girando per musei e pinacoteche rimanevo sempre più affascinato dalla potenza delle grandi tele.
Pochi giorni prima del primo lock-down sentii l’esigenza di attrezzarmi; comprai legno, tela, colori e con la modella scattai le foto con le pose che mi servivano. Nelle settimane di reclusione ebbi tutto il tempo di dedicarmi all’opera.
Era la prima volta che affrontavo una tela di tali dimensioni ma comunque mi lanciai, mi sentivo pronto.
La nascita dell’opera comportava diversi aspetti. Il costo di supporti di tali dimensioni è piuttosto notevole, per questo decisi di arrangiarmi. Con una pialla del mio bis nonno e pochi attrezzi tra cui una sega a mano, iniziai la costruzione il telaio. Tre metri di larghezza, due in altezza. Con non poca fatica arrivai ad assemblare lo “scheletro” di legno. La soddisfazione era tanta ma il lavoro era appena iniziato.
Il secondo passo fù tendere la tela, cosa non facile soprattutto se non si conoscono tecniche per un risultato ottimale. Non mi scoraggiai. Con pinza tendi tela e sparapunti arrivai a risultato.
Una volta montata mi trovavo davanti ad un iquietante ed enorme tela vuota. Orgoglioso del risultato ma angosciato da tali dimensioni. E ora da dove parto?
Non ho mai amato fare quadrettature, ricalcare o altro, volevo capire come riportare l’idea partendo da proporzioni e sentimenti. Il lavoro doveva essere lo specchio di me stesso in quel momento e di ciò che sapevo. Ci misi quasi 2 giorni per stendere il bozzetto a matita, a costo di star sveglio giorno e notte ce la dovevo fare.
La tela rimase in camera mia per quasi sei mesi, avevo questa enorme Annunciazione che mi salutava tutte le mattine, poi mi dovetti spostare perchè l’ingombro era troppo e non riuscivo più a lavorarci come si deve.
Portai a termine il lavoro dopo circa otto mesi, la soddisfazione era immensa. Trovarsi a confronto con ciò che avevo solamente pensato era come un sogno, a volte penso come ci sono riuscito, com’è stato possibile arrivare al risultato finale?
Per me rimane ancora adesso un meraviglioso Mistero.
Posizionamento del dipinto Annunciazione a San Leopoldo Mandic
Non è stato per niente facile collocare l’opera Annunciazione nel Santuario di San Leopoldo Mandic a Padova, non per difficoltà logistiche o di trasporto. Lo scoglio più grande da superare è stato rendersi credibili ed affidabili. Non tutti si presentano e ti offrono una tela due metri per tre… dal tronde bussare alle porte della gente e offrire un qualsiasi prodotto non è facile e si sà, per lo più delle volte ti rispondono: “No grazie, non mi interessa”. C’è chi usa metodi cortesi e chi meno, ma ciò che importa è non farsi mai scoraggiare!
Alla fine ci sono arrivato per conoscenze. Con il tempo, girando circoli di pittura, mostre ed altro, parlavo delle mie intezioni. Dopo quasi due anni grazie ad un amica di Padova ci sono riuscito! I frati sono stati così cortesi da lasciarmi permanentemente un posto d’onore all’ingresso della portineria, purtroppo non è stato possibile collocare l’opera in chiesa.
L’opera Annunciazione è visionabile in tutti i giorni di apertura del Santuario di San Leopoldo Mandich a Padova. Qui trovate la posizione del Santuario.
Lettura critica dell’Opera Annunciazione di San Leopoldo
“Lo studio del lavoro è stato guidato da un qualcosa che quasi non mi spiego…” ( Marco Vaccaro)
L’Arcangelo Gabriele si presenta a Maria con una forte luce, che irrompe insieme ad una colomba dalle ali
aperte immersa in nubi paradisiache. L’Arcangelo regge in mano un giglio bianco simbolo di verginità, di
purezza come la sua veste candida sfumata di azzurro celestiale con sopra un drappo rosso che indica
l’avvenuto contatto con l’uomo, il finito, nello sfiorare appena il suolo. Il dito della mano destra
dell’Arcangelo Gabriele punta verso l’alto a far capire la volontà divina di incarnarsi in Maria e comunica
anche la sua provenienza, da dove è sceso e dove tornerà. Maria, sulla destra, ha le mani incrociate sul
petto segno di sottomissione, di accettazione: con amore permette che avvenga la volontà di Dio. Il velo
immacolato come la sua persona le copre il capo, l’abito rosso indica la sua umanità, mentre il drappo
azzurro colore dell’Infinto, dell’Assoluto, l’avvolge, come il Divino abbraccia la nostra universalità. Sul
manto si formano sette pieghe, che sono il simbolo delle virtù Teologali e Cardinali. Tra l’Arcangelo Gabriele
e Maria sono abbandonati gli oggetti della quotidianità: il cesto colmo di lana e il fuso per far capire il
lavoro di Maria, dal fuso un filo esce intrecciandosi e creando l’ 8 rovesciato simbolo di Infinito, di Eterno. Il
gatto che scappa, animale libero, enigmatico e misterioso, all’irrompere dell’Arcangelo Gabriele è simile a
quello della bellissima Pala dell’Annunciazione di Lorenzo Lotto, cui Marco Vaccaro si è ispirato. La boccia di
vetro trapassata dalla Luce sta come la nostra Fede nel raggio che sublima la matericità, la finitezza
dell’umano, e che rivolge lo sguardo verso l’Assoluto. Dietro si scorgono tre archi che richiamato la
Santissima Trinità.
Marifulvia Matteazzi Alberti
L’esperienza con i Frati di San Leopoldo Mandic
“Avevo voglia di scrivere qualcosa su te e la tua espressione artistica però ho atteso un pò perchè li frutto doveva maturare un pò per dare significato a quello che sto per scrivere.
Circa un anno fa al convento di Padova, per vie che non so come spiegare è stato offerto un quadro religioso, e questa è già una buona notizia la parte migliore è venuta dopo perchè il fautore ha desiderato che la sua Annunciazione fosse esposta in un luogo religioso.
Se le proposte e le trattative con i frati sono iniziate con una critica d’arte, il resto della storia MARCO VACCARO l’ha voluta portare avanti in prima persona e fino al momento dell’esposizione in portineria del convento, luogo tra i più frequentati del convento, compreso il rinfresco finale dopo l’inaugurazione del quadro stesso.
Già questo essere coinvolto sempre in prima persona denota che quello che ha dipinto, appunto L’Annuncio dell’angelo a Maria è per l’autore una continua provocazione alla sua stessa vita che interpreta nel dipingere un evento che di per se non si può fermare a quel punto, ma chiede di continuo una evoluzione verso una nuova realtà. L’autore questa cosa la incarna e sebbene la sua giovane età lo aiuti tanto c’è da dire anche che non si sottrae per niente alla provocazione esistenziale e produce opere che sono la conseguente risposta all’annuncio. Per me è stata questa rivelazione che prima mi ha incuriosito e poi mi ha messo, meglio permesso di sintonizzarmi alle sue onde magnetiche che mi svelano cosa Marco ha dentro di sè e che prima o dopo dovrà come artista buttare fuori. Di certo ha tantissima voglia di imparare come esprimersi nel modo migliore per permettere a tutti di carpire quella luce e profumo di bello che ha dentro e che lui sa coltivare e far crescere nel suo essere artista. Non appartiene a una vecchia moda espressiva, ma la sua arte è cercare di dire attraverso soggetti religiosi quello che nel profondo ogni uomo cerca: un annuncio di bellezza e che Marco nella sua spigliata personalità incama e dipinge. Sa cercare i maestri che lo fanno crescere e sa anche accogliere nella sua esperienza le provocazioni che arrivano inaspettate, dicevo sintonizzarmi e questa è la cosa che più mi meraviglia: guardare la trasparenza del vaso nel suo quadro, al centro dell’opera Annunciazione e vedere la stessa cosa nell’artista a ogni volta che lo incontro questa cosa diventa sempre più profonda e palpabile anche se nella realtà, come nel dipinto, si vede solo con gli occhi, non so se sono stato troppo loquace nel descrivere quello che provo nel parlare di Marco, resta il fatto che il quadro esposto in portineria dei Cappuccini a Padova sa di suo provocare e questo lo dobbiamo a chi lo ha dipinto mettendoci tutto se stesso, provocato lui stesso da tanti amici che lo fanno crescere come uomo e artista nell’annuncio di nuove cose.”
Fr. Alfredo Feracin